A dieci anni esatti dal tragico terremoto che devastò L’Aquila e buona parte del territorio circostante, è più che mai giusto ed opportuno fare un bilancio degli interventi realizzati e di ciò che resta da fare. Quello che chiaramente emerge è che si doveva e si poteva fare di più, non solo in termini di ricostruzione di case ed edifici pubblici, ma anche con riguardo alla ricostruzione immateriale, a quegli interventi, cioè, che favoriscono il ritorno alla vita della città ed il recupero del tessuto urbano e commerciale. Sotto il primo profilo, paradossalmente, il ritardo più grave lo fa registrare la ricostruzione pubblica, praticamente al palo, in particolare quella delle scuole, nonostante le passerelle dei maggiori leader politici italiani e mondiali recatisi nel capoluogo abruzzese a promettere aiuti importanti ed immediati, mentre la ricostruzione privata del centro storico è in fase avanzata.
Ebbene, proprio nell’ambito del contributo offerto dai privati, nel caso di specie privati no profit, alla ricostruzione del centro storico de L’Aquila un posto d’onore, che sarebbe giusto ricordare e sottolineare con plauso in questi giorni, cosa che finora, invece non è avvenuta, va riconosciuto alla Fondazione Roma. Essa, infatti, travalicando il limite del proprio tradizionale territorio d’intervento, si attivò immediatamente e, dopo le opportune consultazioni con le autorità civili e religiose competenti, decise di offrire il proprio sostegno, con un contributo di 2,9 milioni di euro, al completo recupero della Chiesa di San Biagio d’Amiternum, edificata nella prima metà del Duecento e nota sia dal punto di vista storico, in quanto custode della stele funeraria di Lalle Camponeschi, sia dal punto di vista sociale, perché sede della Parrocchia universitaria e dell’Associazione Musicale dei Solisti Aquilani. Il 18 gennaio 2011 iniziò l’intervento architettonico vero e proprio e dopo soli diciotto mesi di lavori di consolidamento strutturale e restauro, nel pieno rispetto dei tempi previsti, il 22 luglio 2012 la Chiesa fu restituita alla comunità aquilana, riconsacrata con il titolo di San Giuseppe Artigiano e riaperta al culto con una solenne cerimonia officiata dall’Arcivescovo Mons. Giuseppe Molinari. Nel corso dei profondi e delicati lavori di restauro, non mancarono le piacevoli sorprese. A fianco dell’abside maggiore, durante l’intervento sugli intonaci, fu rinvenuto un pregevole affresco, con buona probabilità contemporaneo alla ricostruzione della chiesa che seguì il sisma del 1349, mentre durante le operazioni di smontaggio della copertura della navata laterale destra, fu ritrovato un secondo affresco, che rappresenta il Cristo Pantocratore. Inoltre, le economie realizzate rispetto alle previsioni iniziali, permisero di realizzare interventi ulteriori, come la riqualificazione dello spazio liturgico e la decorazione della chiesa, il nuovo organo a canne, i lavori per l’altare maggiore, l’ambone e la sede del celebrante, il restauro delle panche danneggiate e l’integrazione delle mancanti, l’acquisizione di arredi liturgici e di nuove opere d’arte.
Poiché in questi giorni, com’è giusto che sia, si farà memoria del dramma che colpì 10 anni fa l’Italia centrale e delle numerose vittime rimaste sotto le macerie, teniamo che venga altresì ricordato che, grazie alla vicinanza pronta e solidale della Fondazione Roma, venne completato il primo restauro in assoluto di un edificio di culto del centro storico de L’Aquila. A differenza delle promesse non mantenute dei “grandi della terra”, la Fondazione Roma, istituzione privata senza fini di lucro, anche nella drammatica circostanza, dimostrò concretezza e capacità d’intervento, superando i numerosi ostacoli della burocrazia e il naturale immobilismo del soggetto pubblico, ed assolvendo, in tal modo, la propria missione, quella di sostenere il progresso economico e sociale delle comunità locali.
Roma, 3 aprile 2019
Fondazione Roma