Un docufilm di Raffaella Regoli e Antonello Sette, prodotto da D4, per la Fondazione Roma il racconto toccante dei “senza memoria”, con la vita dentro, in occasione della Giornata mondiale dell’Alzheimer.
“Lalla, come si chiamano i nostri figli?”
È solo l’inizio de “Il mio nome è Alzheimer”, il docufilm girato in presa diretta nel “Villaggio Emmanuele Francesco Maria Emanuele” di Roma, e vincitore del Premio speciale della Giuria, al Ferrara Film Festival 2020.
Il documentario è stato presentato al grande pubblico presso la Casa del Cinema di Roma, Largo Marcello Mastroianni, a Villa Borghese, nell’arena all’aperto, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer 2021.
La proiezione, fissata per le ore 20, è stata preceduta da un dibattito di presentazione, nel corso del quale sono interventi il Presidente Onorario della Fondazione Roma, Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, i registi, la psicoterapeuta e scrittrice Maria Rita Parsi, familiari e operatori del Villaggio.
“Il mio nome è Alzheimer” è un documento straordinario. “Per la prima volta – sottolineano gli autori Raffaella Regoli e Antonello Sette – possiamo ascoltare, senza mediazioni e rimozioni, il racconto delle donne e degli uomini colpiti da una malattia terribile e apparentemente senza speranza. Per scoprire che l’unica cura conosciuta resta l’amore. Si entra dentro il Villaggio in presa diretta, per sfiorare la vita quotidiana dei malati di Alzheimer, le immagini, le voci, le canzoni, i gesti semplici e quelli che non ti aspetti. E l’amore, nella sua forma più vera e struggente, è il leitmotiv di tutto il film. Vi affezionerete come noi – concludono gli Autori – agli ospiti, ai loro familiari, agli operatori, perché tutto si può perdere con la memoria, finanche i nomi dei figli, del marito, della moglie, di se stessi, ma non quel filo di sentimenti che non si può spezzare. Bruno va a trovare Katy tutti i giorni. “Se potessi”, spiega commosso, “mi farei operare e le regalerei mezzo cervello”. E lei uscendo per un attimo dal torpore che non le cancella l’anima, gli risponde: “Tu ti priveresti di una tua cosa per me?”
L’amore e l’attenzione per le persone fragili e che necessitano di essere accolte ed abbracciate sono le motivazioni ideali che hanno spinto il Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele, all’epoca Presidente della Fondazione Roma e oggi Presidente Onorario, a realizzare quella che si è rivelata un’impresa quasi titanica, che ha dovuto superare ostacoli e difficoltà di ogni genere, ma che non l’hanno fatto desistere dal suo intento, come sempre gli accade. “Volevo fortemente – spiega il Prof. Emanuele – donare a Roma una struttura pionieristica per l’intero Paese, da me vista nel lontano 2012 in Olanda in un villaggio vicino Amsterdam, e che mi aveva profondamente colpito per il diverso approccio verso questa terribile malattia, fondato su un modello di assistenza diretto a ricreare intorno al residente, non più paziente, un ambiente accogliente, sereno e familiare, accompagnato dall’individuazione di stimoli psicosociali ed ambientali mirati, tali da conservare nel tempo le residue capacità cognitive. Ebbene, seppur dopo enormi difficoltà, sono riuscito a portare a termine un altro dei miei numerosi sogni, ed oggi il “Villaggio”, situato nella zona della Bufalotta di Roma, è operativo già da qualche anno, offrendo ospitalità totalmente gratuita ai suoi residenti. Ha superato brillantemente il periodo di rodaggio iniziale, quello assai difficile del lockdown, e questo splendido film che oggi viene proiettato ne documenta, come meglio non si potrebbe, l’originalità, l’efficacia, le potenzialità del modello assistenziale, con tutto l’afflato di passione, di condivisione e di amore che animano ogni momento della giornata delle persone che vi risiedono e di quelle che vi lavorano, che ringrazio di cuore, perché essi sono il vero motore dell’iniziativa”.
Anche il Presidente della Fondazione Roma, Franco Parasassi, evidenzia come “Il film documenti, senza alcun artificio cinematografico, il contesto, la vita di tutti i giorni, gli operatori che si prodigano oltre la professionalità pur necessaria; le attività: la musica, la danza, il teatro, la pittura, la palestra, il bar, il parrucchiere, il minimarket dove si fa la spesa, il pranzo, le case, divise secondo tre tipologie, che ricalcano le esperienze di tante vite un tempo diverse: tradizionale, urbana, cosmopolita. La struttura – conclude il Presidente – oltre ai molti meriti già evidenziati, rappresenta una preziosa opportunità occupazionale e di arricchimento professionale per tutti coloro che vi operano a diverso titolo e, in particolare, per gli operatori che accompagnano i residenti nei gesti quotidiani propri di una qualsiasi casa familiare”.
Al di là di tutto, comunque, i veri protagonisti del docufilm, sono i malati di Alzheimer residenti nel Villaggio, che si raccontano con ironia, da strappare più di un sorriso, che rivelano spezzoni di vita, di felicità, di dolore e di speranza. Quella che resiste alla fatica di dover vivere, nonostante la perdita più pesante: quella della propria storia e della propria identità. Il docufilm “Il mio nome è Alzheimer” ha l’ambizione di restituire a tutti loro un nome, una voce, la dignità, la possibilità di poter ancora concepire e gridare “Io ci sono, e sono vivo”.